viola

 

altri racconti brevi




Poteri


La tua voce calda e sicura al telefono, poche parole ed io ai tuoi ordini. Apro la porta, i tuoi occhi azzurri mi squadrano severi - abbassa lo sguardo - mi dici e ti chiudi la porta alle spalle - Mi fa impazzire il controllo che hai sui miei sensi, ogni cosa di te mi procura brividi e vorrei lasciarmi andare alla passione che sento crescere sulla pelle, ma sei tu che conduci il gioco. Soggiogata mi trovo esposta e nuda al tuo volere. 

Sono le nove del mattino, indosso un reggiseno di pizzo nero, gli slip dello stesso colore, una gonna a tubo aderente lunga appena sopra il ginocchio. Allo specchio osservo il trucco perfetto, ombretto nero sfumato a far risaltare il verde degli occhi, labbra lucide e rosse; raccolgo i capelli lunghi e ondulati dietro la nuca scoprendo il collo sottile, due gocce di profumo; indosso la giacca, chiusa da un bottone all’altezza del seno, si adatta perfettamente alla vita sottile evidenziando le curve dei fianchi, infilo le Chanel con tacco a stiletto, prendo la borsa ed esco.

In ascensore premo il numero 35, le porte si aprono sull’enorme openspace, gli impiegati sono con la testa china sulla scrivania, sento il loro imbarazzo qualcuno accenna un saluto.

Annie mi apre la porta dell’ufficio -Buongiorno, M’am-, mi porge il caffè caldo e i giornali, - Posali sul tavolo- le dico. -In sala riunione tutti l’aspettano- mi dice.

 - Buongiorno Signori - saluto mentre mi dirigo verso la poltrona al vertice del tavolo riunioni, - Bene, ci siete tutti, vedo - sorrido e ti guardo, i tuoi occhi azzurri sembrano approvare quello che vedi, hai un sorriso appena accennato, pieghi l’angolo della bocca in su, traspare il tuo cinismo.

Espongo il nuovo progetto - Il migliore si aggiudicherà il lavoro e anche una quota della società - trasalite alla notizia, intorno al tavolo i manager hanno la fronte imperlata di sudore, c’è chi si allarga il nodo alla cravatta. Chiudo al computer la presentazione, mi cade la molletta che tratteneva i capelli, una cascata morbida e bionda mi scende sulle spalle. - Un’ultima cosa - lentamente giro a lato del tavolo sfiorando con la mia presenza le schiene, mi fermo dietro la tua, appoggio le mani dalle dita lunghe e affusolate e le unghie laccate di rosso sulle tue spalle, mi inchino fino a sfiorare con le labbra il tuo orecchio - Edward, sei licenziato! -

 



la Penthouse


È stata una giornata pesante. Gli ospiti del congresso hanno lasciato le stanze questa mattina, come sempre in ritardo, per poi chiudersi nell’aula magna per l’ultima sessione. I bagagli custoditi al piano seminterrato.
Mi è toccato l’ala nord, gli ultimi piani. Decine di letti da rifare e montagne di lenzuola da portare in lavanderia. Proprio oggi che ho fretta.
Sono d’accordo con Rosy, teniamo la suite per ultima. Le enormi vetrate restituiscono alla vista un panorama della città sbalorditiva.

Scendo nei sotterranei per lasciare l’ultimo carico di biancheria sporca, mi affretto, o meglio corro. 
Mi rimangono non più di una manciata di minuti utili per andare al negozio del primo piano. Magdalena, un’amica, è la commessa del negozio dove per giorni ho ammirato l’abito color oro. Mi costa una fortuna assieme alle scarpe dal tacco vertiginoso.

Nel camerino abbandono i vestiti che indosso, compreso la biancheria intima, raccolgo i capelli ondulati con un fermaglio di strass e finalmente indosso il vestito. Mi sta benissimo, sembro una modella, alta, magra, la pelle diafana, capelli biondi e gli occhi colore del miele, leggermente truccati di scuro.

Un lucida labbra trasparente per dare risalto alle labbra morbide a forma di cuore. Indosso i tacchi, ed eccomi pronta.

Pago, mentre mi guardo ancora allo specchio.

- Aspetta! - Mi volto - Tieni, indossa questo - Magdalena mi aiuta ad indossare un nastro di raso nero attorno al collo.

Aspetto l’ascensore, si apre e ti vedo.
Sei un uomo bellissimo, di quelli che vedi nelle pubblicità, lo sai e hai un’aria sicura, mi sorridi compiaciuto. Ho un brivido, entro e premo il tasto della Penthouse. 
- E’ un piacere sapere che andiamo nello stesso posto - mi dice. - Sei davvero molto bella come garantito dall’agenzia -

Ha una faccia da schiaffi mentre lo dice e capisco che mi sono cacciata in un guaio e non so come uscirne. 

Ha gli occhi di un blu disarmante che mi percorrono avidi tutto il corpo. 
Il suo viso ora è serio e inespressivo, si assenta per qualche istante. Non ho molto tempo per svelare l’errore di persona, ma sono eccitata all’idea di continuare, perciò non dico niente.

Si avvicina e mi toglie il fermaglio che trattiene i capelli, li stringe nella mano obbligandomi ad inchinarmi.

Per un attimo immagino la scena di noi due all’apertura della porta dell’ascensore, all’espressione della mia collega e mi stupisco a pensare che non me ne importa nulla. Mi rilasso e mi godo l’inaspettata avventura.

Siamo arrivati. - Non ti muovere - mi dice. Lui entra nella suite, butta la valigia porta abiti sulla poltrona, sento Rosy che è nell’altra stanza. Lui le dice poche parole, lei esce dalla stanza, dalla porta di servizio, restiamo soli.

Mi stringo nel maglione a causa del freddo pungente, il fumo della sigaretta si confonde con l’azzurro del cielo, ho il tempo solo per un paio di boccate e devo rientrare.

La lavanderia mi consegna la biancheria pulita per la Penthouse. Un ospite dell’albergo l’ha fatta recapitare prima del suo arrivo, che stramberia certi stranieri, ho pensato.

Quando raggiungo l’ultimo piano Rosy è già nella stanza, l’ha riempita di fiori, frutta fresca e cioccolatini. Mi aiuta a cambiare le lenzuola, non parliamo, con la mente ritorno a quel giorno.

Alla Penthouse, a te e a lui. Non ti avevo mai mentito prima di allora. Una scusa - mi hanno chiesto di restare al lavoro - tu non fai domande, non ti lamenti, ed io non mi sento in colpa.

Adesso so di avere incontrato un’altra me, una di cui non sapevo nulla, è bastato un niente ed è esploso un mondo interiore e quello che ho avuto sino adesso non mi basta più.