argento

racconto: work in porgress






"Corvino" 
in viaggio tra le ombre





Si dice che Corvino sia stato il primo, il millenario, l’unico ad avere occhi gelidi, crudeli, di verde smeraldo. 

Al limitare del bosco di conifere l’antico maniero di Bran incuteva timore al viandante che si imbatteva nella sua possente mole mentre attraversava i Carpazi  nel passaggio della Bran Gorg. 

Gli abitanti dei villaggi credevano che il non morto abitasse ancora il castello, ma io sapevo che non era affatto così, molti della mia razza risiedevano lì anche solo di passaggio, mentre alcuni di noi della stirpe Tepes avevamo ereditato il castello e vivevamo lì da più di duecento anni. Io non avevo mai trovato tracce che confermassero l’esistenza di Corvino, ma da sempre mi avevano detto che io ne ero diretta discendente. 

Eloise era la più giovane del nostro gruppo, esuberante  e chiassosa come il suo aspetto da quindicenne, si divertiva a tormentare i suoi compagni di gioco umani con prove di forza dove inevitabilmente lei era la sola vincitrice.  Io che per aspetto ero di pochi anni più grande di lei, l’accompagnavo nelle sue incursioni al villaggio. Adoravo mischiarmi  ai suoi abitanti quando il sole era alto nel cielo e nessuno poteva immaginare che noi, i vampiri , eravamo tra loro proprio quando si sentivano più al sicuro.
A quel tempo non sapevo che gli eredi di Lucian si stavano radunando  nella valle alle porte del villaggio di Brasov, o meglio, sapevo che alcuni giovani licantropi  si univano in piccoli gruppi per predare le greggi, ma erano per lo più rozzi  in forma umana e poco più che bestie fameliche spinte a nutrirsi dal puro istinto in forma di lupo. 

Fu quella mattina, insieme a Eloise, aggirandomi tra i mercanti di bestiame, che intravidi uno strano personaggio. Era agile e robusto, si muoveva in modo frenetico attorno agli animali radunati per la vendita, era mal vestito, indossava brache sdrucite e una camicia sbrindellata e sporca, ma aveva armi finemente intagliate che gli pendevano dalla cinta e un ciondolo sul petto, molto simile a quello dell’Ordine a cui appartengo, raffigurante un drago ricurvo con la coda avvolta intorno al collo.
Non poteva essere umano quel tale e stava attirando le attenzioni della gente, ad un certo punto gli uomini del villaggio gli si fecero intorno minacciosi, qualcuno gli gridò di andarsene che gli stranieri non erano i benvenuti lì, mentre un altro gli mostrò i pugni alzati in tono di sfida.  Per fortuna decise di andarsene senza replicare ed io lo seguì a breve distanza.

Si diresse verso il bosco in direzione del villaggio di Sohodol correndo veloce, troppo veloce, poi con strabiliante agilità di arrampicò su un albero cercando di scrutare la foresta dall’alto. Il rischio che fosse un licantropo o un non morto e si accorgesse della mia presenza mi costrinse ad abbandonare l’inseguimento. 


Tornai più in fretta possibile al villaggio alla ricerca di Eloise. Lei aveva una fame insaziabile, prediligeva bambini ma non si curava di loro mentre ne divorava il succo vitale. La trovai  vicino alla piccola chiesa, nascosta in un antro intenta a saziarsi. Le morti che causava venivano prese per aggressioni di animali, lupi per lo più, perché le sue vittime si dibattevano e contorcevano mentre lei ne dilaniava le carni con le unghie e con i denti. 
Non trovava piacere nel nutrirsi rendendo docili le sue prede con l’ipnosi. Dubito che avrebbe mai imparato ad essere discreta.

Quella notte al castello, nella mia stanza, ripensai all’incontro fatto al mercato, a quell’uomo che sembrava possedere la velocità e la forza di un vampiro pur senza averne la grazia e l’eleganza.  Ricordai di aver visto nello studio un libro con l’effige dell’Ordine del Drago, decisi di andarlo a prendere ma non parlai a nessuno di quell’uomo. 

Stavo sfogliando il libro quando ad un tratto mi sentì afferrare un braccio con forza, era Julian che con occhi di ghiaccio mi scrutava in tono interrogativo. -Per quale ragione ti interessa quel libro? - Mi chiese. 
Julian era il braccio destro di Syrius, rappresentavano la più alta carica nell’Ordine  del Drago, insieme decidevano ruoli, regole e missioni; tutti i non morti, ovunque si trovassero, vedevano in loro i capi spirituali della nostra razza.
Julian aveva da poco superato la trentina d’anni umani, aveva un fisico asciutto e forte, era molto alto e incuteva timore per i suoi modi autoritari e duri. 
Al villaggio faceva strage di cuori tra le ragazze che vedevano in lui il fascino irresistibile del suo sguardo di ghiaccio a causa degli occhi di un azzurro chiarissimo. Di quel poco che sapevo dei loro affari ero a conoscenza che Julian presenziava a tutte le riunioni dei capi villaggio della regione, molti lo temevano e nessuno aveva mai avuto il sospetto che fosse un vampiro, anche se giravano voci che intratteneva rapporti con strane creature compresi i freddi. Gli uomini si illudevano che mantenendo buoni rapporti con lui avrebbero scongiurato attacchi da parte dei mostri di cui narravano le molte leggende del luogo.
Colta di sorpresa risposi che mi interessava leggere il ruolo delle donne dell’Ordine, se ce ne erano state, e che faticavo a distogliere l’attenzione da questo mio incessante pensiero.
I suoi occhi gelidi interrogarono i miei per lunghissimi attimi, sapevo che Julian non poteva leggere nei miei pensieri, era una dote rarissima questa e nessuno di noi la possedeva, poi mi lasciò andare. Velocemente mi allontanai mentre Julian con tono grave disse - “Tutti i discendenti di Corvino hanno avuto un ruolo nell’Ordine, occhi verdi” - Mi apostrofò. 

Appena Julian si fu allontanato mi misi a correre percorrendo le scalinate della Torre di Osservazione dove si trova la mia stanza. Il castello, ad uno sconosciuto, poteva sembrare uno strano labirinto ma io avevo imparato a conoscerne ogni angolo. Mi misi seduta sulla mia poltrona preferita davanti la grande finestra con l’arco a volta, con il solo brillio della fiamma di una candela. 
Il libro era ricoperto di cuoio scuro, era liscio al tatto e al centro brillava il simbolo del Drago, un medaglione in bronzo di grandezza uguale  a quello che avevo visto pendere sul petto dello straniero. Iniziai a sfogliare le pagine senza sapere cosa cercare, speravo di trovare un’immagine, o una descrizione piuttosto che un nome che catturasse la mia attenzione, ero alla ricerca di un emozione simile a quella provata durante la mattina. 
Mi ero convinta che quell’uomo fosse un licantropo ma oltre ad essere grezzo come un animale avevo percepito chiaramente la dominanza che era invece tipica di noi vampiri. Non avevo mai sentito parlare di quella razza come organizzata e intelligente, per secoli erano stati usati dalla mia specie come animali feroci per spaventare e distruggere. Insomma c’era una nota stonata in quello che avevo visto. 
Scorrendo tra le pagine mi soffermai sull’albero genealogico di Corvino, accanto ai nomi che già conoscevo dei suoi diretti discendenti, che avevo sentito nominare molte volte quando ci raccontavano della leggenda, c’era anche il nome di Lucian che non era mai stato pronunciato, era allo stesso livello dei figli di Corvino ma si trovava in posizione isolata rispetto gli altri. Incuriosita cercai tra le pagine ma di quel nome non trovai nessuna traccia.
Dovevo trovare qualcuno che conosceva le leggende di Corvino a cui chiedere di Lucian. 

Forse avrei potuto parlarne con Syrius o Julian, ma temevo che potessero scoprire cosa aveva generato in me tanta curiosità il nome di Lucian e ancora non volevo raccontare loro di quanto avevo visto al mercato del bestiame al villaggio.

Forse quell’uomo sarebbe riapparso spinto a confondersi con gli uomini dallo stesso forte impulso che lo aveva fatto rischiare di essere malmenato quel giorno.

Ero uscita dal castello quella mattina decisa a cercare qualche indizio. Assorta nei pensieri della notte prima percorrevo il sentiero che dal Castello di Bran portava al lato ovest del villaggio. 
Il sole era alto nel cielo benché oscurato da pesanti nuvole, la foresta incombeva sul sentiero, sembrava volersi riprendere anche quel tratto sterrato e ricolmo di fango. 
L’odore di muschio e funghi si confondeva con il fetore di una carogna in decomposizione, un cinghiale morso da lupi, piccoli roditori si aggiravano furtivi intorno forse cercando di predare i pochi resti di carne putrida. 
Non udivo i soliti frullii di ali dei piccoli uccelli che popolavano le vaste fronde di alberi, come se il pericolo che aveva causato la morte del cinghiale fosse ancora lì, in attesa della sua prossima preda. 
Nemmeno i falchi coi loro voli a cerchi concentrici muovevano l’aria.

Continuai a camminare concentrando i miei sensi all’ascolto di quanto mi circondava, anche se non avevo nemici tanto forti da farmi temere un’aggressione, la mia giovane esperienza mi rendeva cauta e pronta all’attacco. 

Giunsi fino al limitare del villaggio sapendo che qualcosa doveva essere successo, e più mi addentravo tra i vicoli e più mi rendevo conto che il silenzio era innaturale. Nessun umano girava per le strade, le case avevano porte e finestre sbarrate, potevo percepire i battiti dei loro cuori pompare più forte, sentire la loro paura.

Mi fermai non appena mi accorsi che in lontananza c’erano le sagome di Syrius e Julian che parlavano con un uomo. Mi avvicinai restando nascosta alla loro vista e potei sentire Syrius pronunciare  - Vattene Lucian, è un ordine! - 

Quello era l’uomo che avevo visto al mercato, e il nome di cui avevo letto sul libro. Mentre i due vampiri si allontanavano io mi ritrassi per non essere vista, aspettai qualche minuto poi decisi di ripercorrere la strada a ritroso verso il castello.

Appena pochi passi e sentii un odore acre, di lupo. - Emilie! - Sentii pronunciare il mio nome, mi girai e vidi Lucian ad un passo da me, i suoi occhi neri e crudeli mi guardavano come se mi conoscesse da sempre, un sorriso forzato gli incurvava le labbra. Confusa e impaurita cercai di allontanarmi ma un attimo dopo quell’uomo era sparito.




(continua)