la libreria
(racconto breve I parte)
Si sentiva indolenzito e dolorante a causa del freddo che era penetrato in tutto il corpo, il volto bruciava a contatto col terreno ghiacciato. Cercò di muoversi superando il dolore che gli provocava ogni lieve movimento, non aveva sensibilità nelle mani e non sentiva le gambe.
Era alto come Sergei, spalle larghe, gambe lunghe, passo veloce, avvolto in un cappotto striminzito nero col bavero alzato, intorno una sciarpa grigia troppo leggera per proteggerlo dal freddo pungente.
Non riusciva a capire come avesse potuto trovarsi in quella situazione tanto assurda, lui non era altro che un topo da biblioteca, non faceva altro che leggere libri, lo aveva fatto per tutta la sua vita. Eppure qualcuno voleva da lui che rivelasse i segreti che conosceva!
Mi ritrovai in quella strada polverosa che avevo visto molte altre volte nel corso della mia vita, correvo o, meglio, scappavo, sapevo di essere inseguita. Lei era dietro di me anche se non la potevo vedere, subdola cercava di rincuorarmi con parole di miele. Scorsi quella nera signora sul balcone, rabbrividii; la strada ora era diventata un vicolo su cui si affacciavano degli strani negozi senza vetrine aperti sulla stradina, nessuna mercanzia era esposta ma uomini mi rassicuravano dicendomi che lei non mi avrebbe fatto del male. Il terrore aumentava i battiti del cuore; in fondo, una piazza, e nel mezzo un traliccio della luce in legno. Lo raggiunsi e vi salii sopra fino in alto nonostante le vertigini, e lei, lei ora mi aveva raggiunto.
Sembrava piccola laggiù, indifesa, e mi sentii in colpa per non averle creduto, eppure sapevo che mentiva! Mi svegliai, la paura che ancora sentivo mi rendeva impossibile muovermi.
Aveva la testa piena di domande, gli bruciava, e non riusciva a collocare nel tempo l’ultimo ricordo di vita “normale”.
Si vedeva seduto sempre allo stesso tavolo dietro lo scaffale dei libri di storia antica, un luogo in cui poteva stare da solo, in disparte rispetto agli altri lettori, e lì non visto perdersi per ore a studiare. Era molto fornita la biblioteca della città in cui viveva, ma soprattutto poteva richiedere libri particolari che facevano arrivare dalla più grande città vicina.
Aspettava sempre con ansia il nuovo arrivo e quando finalmente riusciva ad avere il volume tanto desiderato correva fuori col libro sotto il braccio percorrendo veloce il viale alberato.
Curiosa coincidenza, pensai, il viale alberato della biblioteca: mi ripromisi di controllare lo scaffale dei libri di storia. Continuai a leggere.
Sfinito, incapace di ragionare sulla cosa giusta da fare; ormai si era addentrato nel fitto della boscaglia e tutto poteva aspettarsi meno che incontrare una casa o un essere umano, pensò che non potesse il destino avergli riservato una fine tanto crudele.
Sergei mi sembrava così simile a me, come un’ombra grigia e insignificante; i cui passi nessuno avrebbe sentito, il cui sguardo nessuno avrebbe mai incrociato; quasi non avesse nessuna consistenza nel corpo.
Nutrivo in me la speranza di trovare quello spunto che rendesse anche la mia vita diversa, trovare la chiave di ciò che lo aveva reso un essere umano fatto di carne e sangue, dove il dolore era vero e reale e non un dolore dell’anima.
Rimase seduto sul letto cercando di riordinare le idee, ma aveva una sola domanda: - perché?
A distoglierlo dai suoi pensieri, senza che avesse percepito alcun movimento, la ragazzina, in piedi, proprio davanti a lui, gli porgeva un piatto fumante: -Grazie - Era alta e magra, dai lineamenti grezzi e i capelli arruffati di un colore indefinito, vestita a strati con abiti di lana grossa dai colori sgargianti, sformati e sporchi.
Sergei aveva preso a mangiare avidamente, era affamato e aveva la gola in fiamme, poi si accorse che la ragazzina era rimasta lì in piedi davanti a lui lo sguardo fisso sul pavimento, immobile come una bambola ad eccezione della mano destra con cui stringeva il vestito in un movimento ripetitivo e innaturale. Posò il piatto vuoto sul letto.
Solo in quel momento si accorse che il movimento corrispondeva anche ad un rumore meccanico appena percepibile.
Era come un lieve stridio, guardò intorno e vide una radio mezza rotta abbandonata sul pavimento. Ascoltando meglio si accorse che era accesa e che gracchiava a causa della pessima sintonia.
Si dimenticò della bambina, doveva trovare qualcosa di reale in mezzo a quel nulla, qualcosa che lo riportasse alla vita, alla sua vita di sempre.
Alzò il volume e iniziò a cercare un canale, la radio emetteva suoni striduli sempre più forti, la ragazzina cominciò ad urlare e a correre agitata per la stanza. Finalmente riuscì a trovare una stazione dove c’erano delle persone che parlavano, una lingua incomprensibile per lui. La ragazzina si fermò, come tranquillizzata.
continua...